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CHE BELLA L’AUTOMOBILE – 3. Il venditore


di Foro_Romano
17.07.2019    |    16.490    |    4 9.7
"“Azz… Sei così giovane e ci sai fare veramente bene..."
Ormai potevo essere più che soddisfatto. In poco tempo avevo conquistato la mia patente di guida e mi ero trovato due maschi vogliosi a mia disposizione: Attilio, l’istruttore di guida e mio sverginatore, e Tommaso, l’esaminatore che mi aveva dato il titolo e che mi aveva fatto capire di avere davanti tutta una vita di uomini da monta. I nostri incontri nell’alberghetto a ore si svolgevano quasi tutti i giorni, specialmente con Attilio, mentre Tommaso non sempre perché era spesso impegnato con la moglie ed i figli ma, quando partecipava, finivo sempre a prenderli tutti e due nel culo insieme. Mi fecero conoscere tutte le posizioni possibili. Il mio buco era sempre più spanato ed ormai non era più un problema farmi scopare subito con forza. Il dolore iniziale era diventato così breve da dare subito spazio a lunghe e piacevoli scopate.
Intendiamoci, sarà stata la mia giovane età, ma avevo sempre voglia ed ero sempre alla ricerca di altri maschi a cui fare dono del mio corpo (ed avere in cambio il loro). Presa la patente, avevo bisogno di un’automobile da guidare, ovviamente. Mio padre mi consigliò di acquistarne una usata, perché non è saggio portarne subito una nuova durante il mio rodaggio.
Mia madre, che mi aveva promesso di comprarmela, mi accompagnò in un autosalone vicino casa. Non avevo alcuna idea verso quale marca orientarmi, così cominciai a girare tra tutte quelle esposte scegliendone una per poi essere subito attratto da un’altra. Avevo bisogno di un aiuto.
Mi guardai intorno per cercare uno dei venditori e notai subito un fantastico esempio di maschio. Alto, con una barba corta e piena, dai tratti virili, sui quaranta anni e dal fisico tonico e muscoloso (e peloso). Potrei dire che somigliava a Chef Rubio ma era ancora più attraente forse a causa della giacca, camicia bianca e cravatta con una bella fantasia. Appena avvistato, vidi mia madre che si dirigeva con un certo interesse verso di lui per avere informazioni ed aveva cominciato a parlarci. Capii così che io e mia madre avevamo gli stessi gusti in fatto di uomini. Mi avvicinai.
“Ecco, signor Enrico, lui è mio figlio. Dovrebbe comprare la sua prima automobile. Quale ci consiglia?”.
Lui perse qualche secondo a squadrarmi mentre io mi forzavo a non sbavare. Sotto la giacca indossava un paio di jeans neri molto attillati che mettevano in mostra un bozzo che non era possibile non notare e farci volentieri cascare tutti e due gli occhi. Ma il mio desiderio fu subito quello di farci cascare la bocca per un certo lavoretto. Difficile far finta di niente.
“Essendo la prima, consiglierei un’auto non troppo grande. Venite”.
Lo seguimmo verso una vettura che avevo già adocchiato. Era arancione, un colore che mi è sempre piaciuto.
“Direi che questa sia la più adatta. E’ praticamente nuova. Il proprietario l’ha sostituita dopo pochi mesi con una più grande, perché non era sufficiente per tutta la famiglia con bagagli per andare in vacanza. E’ superaccessoriata…” e così via ad esaltarne le lodi. Si, mi piaceva (sia lui che l’automobile, ovviamente) e vidi che anche mia madre era d’accordo.
“Se vuoi puoi provarla. Verrò con te per poter rispondere a qualsiasi tua domanda” mi disse con la sua bella voce virile. Chissà perché ma credetti che la frase nascondeva una qualche proposta. La mia solita allucinazione erotica!
“Ti piace? A me piace, ma deve piacere a te. Trovo che il colore è bello e ti permette di riconoscerla in un parcheggio, in mezzo a tutte queste auto bianche e grigie che ci sono in giro. Non trova?” disse mia madre rivolta al venditore, che annuì.
“Si, mamma, mi piace”.
“Bene. Allora, Paolo, provala pure. Io torno a casa perché ho da fare. Se decidi di prenderla, lei può fermarla, vero? Domani passerò io e concluderemo la vendita”.
“Si, signora. Non si preoccupi. Se il ragazzo deciderà di acquistarla, avrò cura di fermarla e ci rivediamo domani”.
“Ok. Io vado e (rivolta a me) mi raccomando, fai vedere quanto sei bravo a guidare” e si allontanò.
“Prego, sali alla guida. Fammi vedere se sei veramente bravo” e mi aprì la portiera, come si fa con le donne od almeno, con quel gesto, io ebbi la sensazione di sentirmi donna. Non solo, ma anche questa volta mi sembrava di aver recepito un invito particolare. Poi fece il giro per entrare al posto del passeggero, non prima di aver avvertito un altro venditore che si sarebbe allontanato per un giro di prova.
Avviai il motore e partimmo. Mi trovai subito in difficoltà non tanto per il traffico quanto perché gli occhi, oltre che sulla strada, a volte cadevano alla mia destra, al suo inguine che, data la posizione, sembrava che stesse per scoppiare.
“Rilassati. Ti vedo teso. Stai tranquillo. Questa macchina risponde bene. Stai solo attento alla guida, mi sembri un po’ distratto”. Se ne era accorto. Se avesse saputo perché! O forse l’aveva capito? Anche lui mi sembrava un po’ teso… sotto la vita.
“Se vuoi (proseguì), puoi provarla anche su strada sterrata. Non è proprio un fuoristrada ma se la cava abbastanza bene”.
“Allora, possiamo andare verso la campagna?”.
“Si, te l’ho detto”.
Approfittai subito e mi diressi con decisione verso la radura dove avevo perso la verginità e dove sapevo che nessuno ci avrebbe disturbato. Tirai il freno a mano e, senza dire una parola, mi girai a mettergli una mano sulla patta gonfia. Sentii che sotto fremeva un cazzo già mezzo tosto.
“Che aspetti? Tiramelo fuori, ché mi sta facendo male”.
Non lo guardai neanche in faccia. Il mio interesse era indirizzato solo ai suoi attributi virili. Gli sbottonai i pantaloni e tirai giù la lampo. Una grossa cappella violacea faceva capolino dall’elastico dei boxer. Si sollevò quel tanto che bastava ad aiutarmi ad abbassargli i pantaloni e le mutande a mezza coscia. Tutto era coperto da pelo nero, molto folto alla base del cazzo. Era un cazzo fantastico di quasi venti centimetri. E ancora non era al massimo dell’erezione! Lo liberai dalla sua gabbia ma subito dopo lo racchiusi nella mia bocca calda e umida per renderlo vittima della mia lingua ormai esperta. Le mie labbra rosse lo avvolgevano completamente e la mia gola si cimentava ad accoglierlo saltuariamente al meglio. Chiuse gli occhi, gettò la testa all’indietro e gemette di piacere.
“Azz… Sei così giovane e ci sai fare veramente bene. Shhhh, uuuhhh, siii, aaahhh, che pompinaraaa. Succhia puttana, succhia” e, così dicendo, mi mise una mano sulla testa per accompagnarmi nei movimenti.
La mano sulla testa mi fa sentire ancora più troia e, di conseguenza, ci misi ancora più impegno. Si contorceva dal piacere che gli stavo dando mentre io mi beavo del forte sapore del suo uccello. Qualche volta lasciavo quel prelibato boccone per passare a pettinare con la saliva i peli che coprivano la grossa sacca dei testicoli, ma lui mi afferrava la testa per infilarci di nuovo la mazza sempre più grossa. Ero certo di farmi una ricca bevuta ma mi sbagliavo.
“Voglio farti il tuo culo. Sicuramente sei già aperto, troia come sei”.
Non mi sono lasciato sfuggire l’occasione. Mi sono spogliato completamente dalla vita in giù e mi sono ficcato tra i due sedili, appoggiando la schiena a quello di dietro e le gambe sui poggiatesta anteriori, mettendogli sotto il naso il mio piccolo sederino dal grande buco sfondato.
“Che spettacolo! Che culetto meraviglioso! Voglio spaccartelo in due”.
“Prendimi con forza. Sarò la tua troia”.
“Ti farò male, molto male”.
“Lo voglio, fammi sentire puttana”.
Si tolse la giacca. Affondò il viso tra le mie chiappe per baciarmi e leccarmi lo sfintere che di lì a poco avrebbe sfasciato. La sua barba graffiava la mia pelle più delicata mentre il buco cominciava a boccheggiare per il desiderio. Ci sputò sopra e mi infilò un dito indice senza troppi complimenti. Il dito di un uomo grande, quasi un piccolo cazzo.
“Ti piace eh! Lo vedo che ti piace” e infilò anche un secondo dito, questa volta il medio. Ebbi un sussulto e inarcai la schiena. Li tirò fuori, sputò ancora e li reinfilò di colpo. Emisi un lamento. Si mise a girarli e rigirarli dentro di me.
“Bello. Sei bellissimo quando godi. Adesso sei pronto per qualcosa di meglio”.
Tolse le dita e si sistemò davanti a me. Vidi solo in quel momento le dimensioni paurose che aveva raggiunto la sua mazza. Mi alzò la maglia il più possibile per afferrarmi saldamente il corpo nudo. Si sputò sulla mano e mi guardò minaccioso mentre si spalmava lo sputo sopra ed attorno alla cappella. Fremetti dal desiderio e mi preparai ad essere squartato. Infilò le punte degli indici nel foro e me lo allargò, mentre un pollice ci indirizzava contro quel membro monumentale.
Spinse piano e continuò ad inserirsi dentro di me lentamente, sempre con la medesima pressione. Le mie carni si allargarono per accoglierlo nel miglior modo possibile. Dapprima gemetti, poi lanciai delle piccole grida, poi gridai sempre più forte e, alla fine, quando affondò con un colpo secco, urlai. Un secondo di pausa, poi un altro affondo; altro urlo ma meno intenso. Cominciavo a prendere confidenza con quel palo nodoso, rigido come l’acciaio e caldo come un grosso wurstel appena arrostito. Da quel momento iniziò un fantastico movimento dentro-fuori deciso, senza interruzioni, dalla velocità crescente.
Passavo dall’avere lo sfintere aperto dalla larga cappella all’essere stracolmo di dura carne che mi straziava la pancia. Strabuzzavo gli occhi, muovevo la testa ora a destra ed ora a sinistra, aprivo la bocca in un urlo che non riusciva ad uscire, strozzato in gola, il viso deformato dal dolore e dal piacere. Tra gli scossoni, ogni tanto riuscivo a vedere la sua di faccia sulla quale si mescolavano ferocia e soddisfazione nel sottomettermi.
“Ti spacco il culo. Ti sfondo lurida troia. Ti piace, vero? Ti piace, ragazzino, farti fottere duro? L’ho capito appena ti ho visto. Avevo giusto voglia di svuotarmi i coglioni come dico io e sei capitato a proposito”.
Il budello si era ormai completamente spanato e adattato al grosso invasore e non opponeva più alcuna resistenza solo, quando usciva, mi sembrava lo seguisse fuori di me sbudellandomi. Il dolore lo sentivo quando colpiva il fondo e ogni volta era come se mi sfondasse ancora di più. Sarebbe arrivato allo stomaco. Era un continuo martirio, dolce piacevole martirio.
“Sei sempre più bello” mi diceva. “Mi eccita sempre di più vedere il tuo dolce viso stravolto per colpa del mio cazzo in culo. Tieni, tieni, prendilo tutto, tuttooo” e aumentava la monta selvaggia. Buttava continuamente la cravatta oltre le sue spalle ma quella cadeva continuamente sferzandomi dolcemente il petto ed i capezzoli, e lui la ritirava su ogni volta. I miei gemiti femminei si mescolavano ai suoi grugniti animaleschi.
“Ti piace? Dimmelo… Dimmi che ti piace… Dimmelo!”.
“Oooohhh, si, si… aaarrgghh… scopami, scopami. Che bello, belloooo…. AAAHHHH” e, per tutta risposta, il cazzettino mi ha spurgato sulla pancia.
Raggiungemmo assieme l’apoteosi. Mentre io mi svuotavo, mi piantò a fondo la nerchia e una serie di spruzzi mi riversarono dentro un’infinità di sborra calda.
“Aaahhh, cazzo, cazzo, ti riempio tutta, piccola troia… Aaahhh”. Era scosso da continui scatti, uno per ogni bordata che mi sparava dentro.
Si accasciò su di me indifferente al fatto che la cravatta era scesa di nuovo e stava tra i nostri corpi a macchiarsi dei mei umori. Con l’ultimo fiato che aveva in corpo mi regalò un lungo bacio appassionato mentre io avvinghiavo le mie gambe ai suoi lombi. Fece poi scivolare la sua testa a fianco della mia, accanto al mio orecchio, mentre tornava in sé. Si staccò puntando le braccia.
“Ti offendi se dico che sei un buco fantastico?”.
Sorrisi. “No, anzi. E tu ti offendi se dico che voi uomini siete sempre degli animali violenti?”.
“Sarà perché tu stimoli gli istinti più bassi. Col tuo culetto, sei tu che stuzzichi in modo tale che viene voglia di rompertelo come si deve”.
“E, come hai visto, non mi dispiace affatto”.
“Troia, puttana, mignotta, cagna, maiala. Ti basta?” disse con un sorriso.
“Ohhh, si, dimmelo ancora” gli risposi anch’io con un sorriso.
“Non è che adesso, comprata l’auto, sparisci e non ti fai più vedere? Hai qualcuno fisso?”.
“No, solo scopamici. E tu?”.
“Sono fidanzato da una vita. Lei vorrebbe sposarmi ma io rimando sempre. Con lei non posso, non riesco a godere come ho fatto con te”.
“Però te la scopi”.
“Si, certo, ma ogni tanto avrei proprio bisogno di uno come te. Anzi, ogni spesso”.
“Beh, se vuoi posso aggiungerti alla lista dei miei uomini”, dissi con divertita saccenteria.
“Ne hai molti?” (era preoccupato).
“Solo due” dovetti ammettere.
“Allora c’è spazio anche per me. Giovani, vecchi…”
“Più grandi di me e un po’ più anche di te. Mi piacciono gli uomini maturi, che posso farci?”.
“E li vedi spesso?”.
“Si, spesso ed a volte insieme, ma posso trovare tempo anche per te”.
“Insieme a loro?”.
“Boh, non lo so. Non so se riuscirei a tenere a bada tre maschi scatenati contemporaneamente. Ci penserò”.
“Ok, ma non ti dimenticare di chiamarmi quando puoi”.
“Certo, come faccio a dimenticarti. Col cazzo che ti ritrovi mi hai ridotto il culo in poltiglia”.
“Vedrai che si rimetterà presto. Alla tua età i muscoli sono più elastici”, e così dicendo si sfilò da me.
“Fermo, aspetta” e prese dei fazzolettini per raccogliere tutta la crema spumosa che mi colava dal buco e ripulirmi. Me ne lasciò un paio dentro per darmi tempo di tornare a casa a lavarmi.
Dopo che ci fumo rivestiti, ho guidato per tornare all’autosalone. Inutile dire che acquistai senza pensarci su molto l’auto così iperaccessoriata (anche con maschio incorporato) che avevo appena festosamente inaugurato.

(Il presente racconto, essendo di carattere erotico, ha lo scopo di eccitare i nostri istinti animali ma non per questo va preso alla lettera. Le stesse cose si possono fare con le dovute precauzioni. Non fate mai sesso senza preservativo: non rovinatevi la vita ma godetevela il più possibile. Buona sega a tutti).

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